Formazione

Se l’hedge si dà all’etica

Per ora sono una decina su circa 8mila. Cercano in questo modo di allontanare lo spettro di una stretta normativa nei loro confronti. Il caso di due colossi sono molto indicativi.

di Christian Benna

Anche i fondi speculativi abbracciano l?etica. Non è un ossimoro, ma l?alba di un nuovo modo di concepire gli investimenti ad alto rischio/alto rendimento in chiave di csr. Almeno è ciò che stanno tentando di mettere in piedi alcune società internazionali del risparmio gestito. Alla sparuta pattuglia (meno di una decina su oltre 8mila hedge in circolazione) si sono aggiunti quest?anno due colossi del settore.

A maggio, Armajaro Asset Management Llp, la sgr dell?omonimo gruppo britannico di trading in materie prime, ha annunciato il varo di un hedge fund ?etico?. In portafoglio azioni sottovalutate di società socialmente responsabili (posizione lunga) e vendita allo scoperto (posizione corta) di titoli di aziende coinvolte nella produzione di materiale bellico o in comportamenti nocivi all?ambiente.

E durante l?estate è entrata nella partita anche Gamco, compagnia americana che può vantare 27 miliardi di dollari per massa amministrata. Il suo nuovo fondo punta esclusivamente su imprese con elevato profilo morale secondo i valori cattolici, mentre scommette contro industrie della difesa, pornografia, contraccettivi, alcol, tabacco, ricerca scientifica su cellule staminali.

Per molti osservatori, la svolta etica impressa da una manciata di società di hedge non sarebbe altro che un passo obbligato per aggiustare la propria immagine ed evitare le più volte annunciate strette normative sul comparto.
Il caso dell?Armajaro è emblematico. Nel 2002 il Financial Times aveva incoronato Anthony Ward, il boss dell?Armajaro, come nuovo Re Mida del cioccolato. In pochi mesi aveva rastrellato in fretta e furia e a basso costo due terzi delle fave di cacao sul mercato. Una mossa azzeccata e giusto in tempo per vederne schizzare i valori alle stelle ?grazie? all?esplosione della guerra civile in Costa d?Avorio, il primo produttore mondiale di cacao. Risultato: casse piene, ma immagine a pezzi.

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